Un evento straordinario targato Fisar Milano con l'enologo Michele Beàn, produttore di anfore e recentemente anche di vino, a fare da Cicerone. Il 28 Aprile 2019 presso l'Hotel Andreola a Milano abbiamo degustato nove interpretazioni degli Orange Wines, vini nati dalla lungimiranza di vignaioli visionari e intraprendenti.
Cosa sono gli Orange Wines? Anche detti amber wines, skin-contact, vini macerati, vini arancioni.
Innanzitutto occorre premettere i facili equivoci derivanti dal colore che potrebbero trarre in inganno: non si tratta di vini ossidati e neppure di vini dolci, ma sono una vera e propria categoria a parte.
Gli Orange Wines sono vini prodotti con uve bianche seguendo però la metodologia usata per la vinificazione dei rossi, ovvero il mosto non viene separato dalle fecce durante la macerazione, ma rimane unito alle bucce e ai lieviti, spesso indigeni, per un periodo più o meno lungo, da pochi giorni a diversi mesi, da cui le intense colorazioni che danno origine al loro nome. Una vera e propria categoria da affiancare ai bianchi e ai rossi. Sono vini complessi, anche e soprattutto da produrre, strutturati, da servire a temperature più alte, almeno 15 gradi, non fosse altro per la presenza di tannini, e proprio per questa ragione adatti all'invecchiamento.
Ma perché alcuni produttori hanno scelto questa vinificazione inconsueta? Per valorizzare il vitigno, perché macerare con le bucce vuol dire estrarre maggiori aromi dall'uva, per riscoprire le tradizioni e anche per avvicinarsi alla natura abbandonando la tecnologia e le sue sofisticazioni.
Con questa filosofia di base i produttori di questi vini tendono il più possibile ad usare metodi naturali, cercando di ridurre al minimo le correzioni praticate in cantina e ancora prima in vigna. Spesso si tratta di prodotti che rientrano nelle categorie di vini naturali, biologici, biodinamici. Quindi ricorrono quasi sempre all’uso di lieviti indigeni, con un limitato controllo della temperatura in cantina, con una solfitazione se possibile assente al di là di quella prodotta naturalmente, nessuna filtrazione, e senza ricorrere a pesticidi o diserbanti in vigna. Quindi interventi ridotti al minimo, ma di conseguenza maggiori difficoltà tecniche, che hanno finito per costellare la storia degli orange wines di percorsi faticosi e talvolta insuccessi. Per capire i principi, ma anche la poesia dietro a questi prodotti, possono aiutare le parole di un vignaiolo che afferma con assoluta convinzione: “la concimazione per la terra è come la droga per l’uomo, ti dà la forza e ti uccide. Perché la concimazione uccide i microorganismi che sono quelli che tengono il terreno vivo”.
È un fenomeno recente quello degli orange wines, ma con una tradizione antica. Già 5000 anni fa nel Caucaso, nella Georgia, veniva prodotto questo tipo di vino in anfore interrate. Questo stesso metodo di vinificazione era usato anche in Europa prima della guerra, ma con il tempo è stato dimenticato.
I colori hanno uno spettro unico, tonalità particolari come oro antico, topazio, arancio, ambrato, ramato. Siccome non sono filtrati alle volte hanno un aspetto velato. Le caratteristiche organolettiche evidenziano sentori inconsueti: fumo, incenso, resine nobili, propoli, spezie orientali, ruggine, tabacco, fiori secchi. I sentori fruttati tendono verso la frutta matura, surmatura, disidratata, candita, cotta, sotto spirito. Talvolta sfociano in alcuni odori meno piacevoli derivanti da una lato dalle mancate correzioni, ma spesso anche da situazioni dovute a troppa intransigenza o autoreferenzialità dei produttori.
Da abbinare più spesso alla carne che al pesce, poi formaggi erborinati, grassi, fois gras, ma anche adatti a percorrere la tortuosa via della seta. Una via sempre più grande, dalle potenzialità enormi vista la massiccia presenza della cucina orientale in tutto il mondo e l'espansione della domanda cinese, fattori che potrebbe aiutare la crescita del settore degli orange che ad oggi rimane ancora una nicchia. Sicuramente questi vini hanno un futuro, magari non direttamente commerciale, ma profondamente più interessante, ricco di spezie e di profumi inconsueti in grado di creare nuove emozioni.
Il percorso di degustazione dell'evento è stato suddiviso in 3 raggruppamenti in base al contenitore usato per la fermentazione dell'uva: acciaio, anfora, botte. L’acciaio tendenzialmente produce un vino più nervoso, che non ha possibilità di respirare, che non è elettricamente neutro, cosa che in alcune situazioni può rivelarsi un vantaggio. L’anfora invece tende ad esaltare le note aromatiche proprie del vino facendolo respirare come il legno, ma trattandosi di un materiale più neutro, senza rilasciare aromi propri che finiscono per coprire quelli originali. L’anfora insomma dovrebbe rendere i vini più espressivi, più naturali, più fedeli all'uva base.
Nelle macerazioni occorre tenere presente che si arriva ad un picco di estrazione dopo venti giorni e poi le vinacce cominciano a riassorbire l’estratto. La vinaccia dopo venti giorni, se strizzata, ha un’estrazione più chiara rispetto al mosto, dopo 6 mesi invece torna ad essere più scura. Le lunghe macerazioni quindi tendono a disperdere concentrazione e alcolicità. Chi le spinge a lungo, lo fa per accrescere la morbidezza.
I vitigni che è più significativo usare per questo metodo di vinificazione sono naturalmente quelli dove la buccia rilascia maggiormente gli aromi: malvasia, vermentino, ribolla, grecanico, grenache bianco. Occorre sempre prestare attenzione alle acidità che rischiano di diventare importanti fino ad essere eccessive.
FLIGHT 1 - vini con breve macerazione sulle bucce, fermentazione in acciaio, affinamento in bottiglia/acciaio
Non ha il colore degli orange, è più simile ad un passito. Oltre che dalla breve macerazione questo fatto deriva soprattutto dal vitigno che evidentemente rilascia pochi pigmenti colorati. Luminoso, denso, pulito. Sentori di polpa gialla matura, erbe balsamiche, ma anche una nota di freschezza.
In bocca è morbido, fresco, un discreto tannino, persistente, con una nota amara varietale e evidente mineralità. Tra i vini degustati è quello che si avvicina di più ad un vino bianco, ancora abbinabile al pesce, anche se già si possono avvicinare piatti di carne leggeri.
La coda di Volpe ha una buccia più colorata, quindi rilascia un colore più simile agli orange nonostante la stessa breve macerazione del precedente. Intenso, velato. Erbe balsamiche evidenti, mela matura, agrumato. Entra morbido in bocca, ma poi arriva un acidità tagliente che rimane molto lunga, tannino fitto, ma non pungente. Acidità volatile molto alta, eccessiva.
Colore giallo aranciato, non perfettamente limpido. Si sente una mela cotogna, una discreta mielatura, agrumi canditi. Morbido, ma con molto tannino tipico del vitigno e grande acidità. Abbinamento consigliato con carni e formaggi.
Giudizio finale: Il primo risulta decisamente più equilibrato, gli altri sono troppo aggressivi, acidi.
FLIGHT 2 - vini con fermentazione/affinamento in anfora
Agrumi, lavanda, vegetale, ma non spicca nulla in particolare. Poco morbido, acidità pronunciata, poco corpo, tannino leggero e poco spessore, fino ad essere evanescente.
Salta subito al naso un sentore di thè. Thè al gelsomino, poi pesca, albicocca, lavanda, fiori di arancio, mandarino. Molto floreale. Note balsamiche dal Grecanico e Ansonica, moscato per le note candite.
Limpido, nonostante sia senza filtrazione, ma i molteplici passaggi ne hanno aiutato la limpidezza, colore ramato. Frutta secca (fico, dattero), tostata, agrumato, speziato. Si sente il legno, la vaniglia, ma non è invadente. Denso, corposo, caldo, tannino morbido, è amalgamato e elegante, di grandissimo equilibrio.
Giudizio finale: I primi due vini sono più secchi e asciutti e con un bel tannino. Il terzo è perfetto, un vino naturale, ma assolutamente non casuale.
FLIGHT 3 - vini con fermentazione/affinamento in legno
Colore ramato intenso. Si evidenziano frutti rossi, ma anche acacia. Buona mineralità, profumo di fieno. Buon corpo, tannino dolce, piacevole freschezza. Ben bilanciato ed elegante.
Poco elegante, grande acidità volatile che rimane ben presente nel tempo. Probabilmente la fermentazione spontanea si è arrestata troppo presto e i batteri hanno attaccato gli zuccheri provocando questa grande acidità volatile.
Colore tendente al rosso, limpido. Potente ed elegante, il sentore principale è il caramello poi ciliegia e anice. Grande densità. Molto morbido, alcolico, con un retronasale di violetta. Può ricordare lo stile dei vini di Bandol.
Giudizio finale: Questi vini hanno maggiore morbidezza anche grazie ad un tannino che si arrotonda. Il primo vino si preferisce per il grande equilibrio ed eleganza.
by R.A.